Luca Ricolfi e il populismo
In estrema sintesi, Ricolfi afferma che il successo dei movimenti populisti è dovuto a una richiesta di “protezione” che viene da ampi strati della società, richiesta però ignorata dai partiti tradizionali e, in primis, da quelli di sinistra. Protezione, da un lato, dagli effetti devastanti della globalizzazione che ha sconvolto il mercato del lavoro e, dall’altro, dall’immigrazione incontrollata (senza “se” e senza “ma”) che mette in crisi identità e culture radicate in ogni nazione occidentale. Gli spunti originali presenti nel libro sono tanti, ma pare a chi scrive che l’autore analizzi con particolare acume un altro fenomeno associato al populismo, ovvero la diffusione a macchia d’olio nell’intero Occidente del linguaggio “politicamente corretto”, di origine americana e poi passato in Europa con una rapidissima avanzata che ha in pratica spezzato ogni resistenza. Quando si nomina questo tema molti interlocutori alzano gli occhi al cielo come se si parlasse di qualcosa che non esiste. Ricolfi è convinto del contrario giacché, a suo avviso, l’avvento del politicamente corretto ha addirittura sovvertito i termini della lotta politica invadendo scuola, università, mass media, letteratura e diritto. Ne consegue che “né il conflitto politico né la vita quotidiana sono stati più quelli di prima. Il conflitto politico, perché l’arma impropria del politicamente corretto era in mano a una delle due parti in lotta, che ha cominciato a usarla contro l’altra come un arbitro sventola il cartellino giallo. La vita quotidiana perché l’adesione al politicamente corretto è divenuta, poco per volta, un segno di distinzione e di superiorità a disposizione di chiunque volesse esibirlo”. Un’analisi sulle proposte di riforma dello studio della storia nella scuola italiana
Nelle indicazioni viene espressamente citato che l'insegnamento e lo studio della storia dovranno abbandonare il modello fino ad oggi adottato, che è quello della global history. Invece, dovrà focalizzarsi, fin dal ciclo di primo grado, in modo particolare dalla terza elementare dove si inizia lo studio sistematico della disciplina, sullo studio dei popoli italici, per poi successivamente spostarsi allo studio dalle origini dell'antica Grecia e poi di Roma, per proseguire fino ai primi secoli dello sviluppo del cristianesimo nel II secolo d.C. e concludersi sullo studio sulle vicende politiche dell'Europa e dell'America. Per quanto concerne lo studio della storia nelle classi medie, dovrà essere espunta l'influsso della geografia. Non più geostoria, secondo l'influsso delle Annales della terza generazione, ma studio delle vicissitudini politiche dell'Italia e dell'occidente dal punto di vista nomotetico. Lo stesso studio della storia non deve essere sviluppato sull'utilizzo delle fonti primarie del documento, ma deve essere insegnata con il metodo della dimensione narrativa della storia, tramite l’adozione di testi considerati fondanti della civiltà occidentale. Leggi tutto: Un’analisi sulle proposte di riforma dello studio della storia nella scuola italiana La sacralità perduta del sonno
Per gli antichi era assimilato alla morte. La connessione è evidenziata dalla etimologia: la parola ‘sonno’ deriva dal latino somnus, a sua volta da una radice protoindoeuropea ricostruita come suepno che precede termini derivati dal greco come hypnos (sonno). Nella cultura greca il binomio ambiguo e pauroso del sonno e della morte assume una dignità olimpica nelle divinità Hypnos, dio del sonno, e Thanatos, dio della morte, fratelli gemelli, figli di Nyx, la notte. Che il sonno, la morte e la notte siano collegati nel pensiero umano non stupisce: l’oscurità, fisica o metaforica, in particolare per il sonno notturno, è l’elemento che li accomuna e che origina una quantità di significati simbolici e figurati. Francisco Goya, il grande artista spagnolo settecentesco, ha dipinto un’acquaforte intitolandola “Il sonno della ragione genera mostri’: un uomo, stravolto da un tormentato sonno, che lo ha colto mentre stava seduto al tavolo a scrivere, è circondato da spaventosi animali notturni e fiere arcane che sorgono dai recessi più neri dietro o forse dentro di lui. Il titolo è spesso citato in politica per avvertire il pericolo di dittature e disastri. Ancora nell’Ottocento è presente il binomio sonno- morte; si ritrova nell’incipit dei Sepolcri di Ugo Foscolo: «All’ombra dei cipressi e dentro l’urne-confortate dal pianto è forse il sonno della morte men duro.» La teoria del Rimland, scienze politiche in crisi
A differenza di Mackinder, che vedeva il controllo dell'entroterra eurasiatico (Heartland) come chiave del potere globale, Spykman riteneva decisivo dominare le coste dell'Eurasia, cioè l'arco che va dall’Europa occidentale fino all’Asia orientale passando per il Medio Oriente e l’Asia meridionale. Spykman sosteneva che «chi controlla il Rimland domina l’Eurasia, chi domina l’Eurasia controlla i destini del mondo», questa intuizione non era una semplice variazione del modello di Mackinder, ma una revisione sostanziale ovvero il potere globale non scaturisce dalla conquista delle profondità continentali, bensì dalla capacità di proiettare forza e influenza lungo le aree costiere dove si concentrano popolazione, commercio e interscambi. Il Rimland è, per Spykman, il vero teatro delle grandi contese storiche, il luogo in cui si decidono gli equilibri di potere globali. Se l’Heartland è geograficamente isolato, economicamente limitato e militarmente difficile da conquistare, il Rimland, al contrario, è denso di snodi strategici, passaggi obbligati e popolazioni eterogenee. È lì che si gioca la partita tra potenze continentali e marittime, tra chi cerca di espandere la propria influenza da terra e chi punta a contenerla dal mare. Leggi tutto: La teoria del Rimland, scienze politiche in crisi Le Regole dell’Accademia degli Oziosi. La stesura inquisita
Le notizie furono riprese più tardi dal curatore della Biblioteca Brancacciana, Carlo Padiglione in seguito al ritrovamento di un inedito statuto manoscritto costituito da otto carte in fogli, non datati, ma di «carattere del sec. XVII assai minuto e stretto».2 La fondazione dell’Accademia degli Oziosi ha avuto nelle fonti e nella bibliografia un grande risalto perché si trattava di un avvenimento politico di notevole importanza in quanto, con la venuta del viceré, il conte di Lemos, si erano concretamente aperte le premesse di una nuova alleanza tra il potere spagnolo e gli intellettuali napoletani. Il viceré aveva fama di mecenate, era accompagnato da una corte di segretari-letterati e dimostrò una disponibilità politica e culturale per la fondazione di un’accademia “ufficiale” che in qualche modo ripeteva esperienza di quella “Alfonsina”, poi Pontaniana, sorta nel 1443 intorno alla biblioteca di Alfonso il Magnanimo, V Re d’Aragona e I di Napoli.3 I fondatori dell’Accademia degli Oziosi furono il letterato Giambattista Manso4 ed il principe cardinale Francesco Brancaccio.5 Leggi tutto: Le Regole dell’Accademia degli Oziosi. La stesura inquisita
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