Il terremoto non spaventa i militari golpisti del Myanmar
Dopo il golpe militare del 2021 il Myanmar è sempre più isolato, nonostante l’appoggio (ora traballante) della Repubblica Popolare Cinese. Quest’ultima ha fornito all’esercito locale, il “Tatmadaw”, gli strumenti per impedire quasi totalmente l’accesso a Internet dei cittadini della ex Birmania. I principali siti web quali Facebook e Instagram furono bloccati subito dopo il colpo di stato militare. Ora il controllo è diventato ancora più stringente poiché il governo ha colpito anche le reti virtuali (Vpn), che consentivano di aggirare l’ostacolo e di accedere ai siti web bloccati dalla censura militare. Questo ha consentito di aumentare la repressione, identificando con maggiore facilità coloro che cercano di sfuggire alla censura. Tutte le fasce della popolazione sono coinvolte, ed è in aumento il numero degli arresti. La Repubblica Popolare ha inoltre fornito alla giunta militare gli strumenti necessari a completare una muraglia informatica analoga alla “Great Firewall”, realizzata da Pechino per sigillare lo spazio informatico cinese. Ai militari golpisti sono inoltre stati forniti sistemi avanzati di sorveglianza elettronica, che consentono il riconoscimento facciale di dimostranti e oppositori, metodo che Pechino utilizza in modo massiccio al fine di ottenere il pieno controllo politico e sociale dell’immenso territorio cinese. Nel Myanmar c’è una “dittatura digitale” destinata a rendere il Paese ancora più chiuso alle influenze esterne, e le proteste degli attivisti democratici non hanno avuto alcun effetto, come del resto era prevedibile. Leggi tutto: Il terremoto non spaventa i militari golpisti del Myanmar Il colonialismo italiano e l’eccidio di Debre Libanos in Etiopia
Nel 1911, approfittando del disfacimento dell’impero ottomano, fu inviata una spedizione militare nelle regioni nordafricane della Tripolitania e Cirenaica. La conquista della Libia fu poi proseguita dal regime fascista con feroci repressioni per domare i tentativi di resistenza all’occupazione. I protettorati nel Corno d’Africa e la conquista della Libia non sembrarono tuttavia sufficienti al regime e nel 1935 fu decisa l’invasione dell’Etiopia, uno stato sovrano, governato da una monarchia illuminata. Il Negus Neghesti, il grande imperatore, detto anche Haile Selassie, era sostenuto dal clero copto costituito da cristiani africanizzati. L’invasione fu condannata dalla Società delle Nazioni Unite e all’Italia vennero applicate le sanzioni sulle importazioni di materie prime. Il regime reagì con iniziative autarchiche, anche ridicole, come la raccolta di metalli da parte della popolazione con pentole e inferriate dei giardini portate all’ammasso del ferro, oppure con la campagna “Oro alla Patria”, per sostenere le spese belliche: le donne ricevevano un cerchietto di metallo in cambio delle loro fedi nuziali. Leggi tutto: Il colonialismo italiano e l’eccidio di Debre Libanos in Etiopia Myosotis
Non vediamo più il mondo: ne vediamo la proiezione. Siamo tornati nella caverna, ma il fuoco è stato sostituito da una rete di calcolo, e le ombre non sono più accidenti: sono prodotto. Ogni cosa ci viene mostrata perché serve a qualcosa, e ciò che non serve, semplicemente, non esiste. Il vero non è più ciò che è, ma ciò che appare. Il potere non ha più volto. Non si impone, si adatta. Non ordina, suggerisce. Non reprime, ottimizza. Non occupa lo spazio, lo condiziona. La sua forza sta nella sua invisibilità. Non impone leggi, ma architetture. Non ha bisogno di proclami: ha metriche. La sua sovranità non si fonda sulla norma, ma sull’indice di rilevanza. Non decide se qualcosa sia giusto o sbagliato, ma se sia monetizzabile, amplificabile, visibile. Così si governa l’epoca: con il codice, non con il comando. Lo Stato – una volta garante del limite, luogo di equilibrio tra forze divergenti – è oggi divenuto esecutore. Non esercita più la mediazione tra interessi, ma li implementa. La Costituzione è divenuta documento simbolico, citato, usato come una clava alla bisogna, ma sempre e comunque disatteso. Il diritto, un protocollo aggiornabile. Il linguaggio giuridico stesso si piega alla logica aziendale: si progetta la semplificazione come valore in sé, si valuta la norma in base all’impatto gestionale. Le radici comuni del totalitarismo
La domanda, di primo acchito sembra oziosa, nasconde in realtà molte insidie, e parecchi sono i pensatori che l’hanno formulata a partire dalla seconda metà del ’900 sino a oggi. Il quesito è tutt’altro che peregrino e va preso sul serio. Si tratta di appurare se è possibile individuare una sorta di “matrice comune” che lega tra loro filosofi in apparenza diversissimi quali Marx, Nietzsche, Heidegger, Lukàcs e Spengler. Inizio allora osservando che è errato considerare progressisti tutti i progetti utopici, poiché esistono anche utopie regressive e conservatrici. La filosofia occidentale da Platone in poi è attraversata da un filone anti-individualista che predica il ritorno a una società organica, armoniosa e priva di conflitti, dando ovviamente per scontato che essa sia in effetti esistita. Com’è noto Popper ha sostenuto che a tale filone appartengono non solo Platone, ma anche Hegel e Marx. Vittime innocenti. Marzo 1948-2015
Era una ragazza poco più che adolescente quando si trasferì da Taranto a Ginosa per vivere insieme al fidanzato. Lavorare come bracciante nei campi fu una scelta immediata ed obbligata per guadagnarsi da vivere. Ben presto capì che difficoltà, mancanza di garanzie e soprusi dovevano essere accettate e sopportare se quel lavoro non voleva rischiare di perderlo. Passarono soltanto pochi giorni dal suo trasferimento, quando quello che sembrò un semplice incidente stradale le portò via la vita, la giovinezza e i sogni. Annamaria era su un autobus, abilitato per nove persone, che portava lei e altre undici sue compagne verso l’azienda agricola Tarantino per la raccolta giornaliera degli ortaggi, quando improvvisamente il mezzo venne investito da un’automobile che procedeva a gran velocità. Annamaria giunse morta in ospedale, le sue compagne e il caporale che si trovava alla guida si salvarono. Quello che sembrò inizialmente un incidente si rivelò invece una tragedia causata dal caporalato, dallo sfruttamento operato dai caporali a danno dei lavoratori. Non un normale incidente, ma un incidente sul lavoro provocato dalla piaga sociale del caporalato.
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